In questi mesi al Laboratorio Aperto dei Chiostri di San Pietro, si è svolto “Coltivare l’intraprendenza” il percorso di approfondimento sui temi dell’educazione all’imprenditorialità e dell’innovazione sociale dedicato alle associazioni di promozione sociale e le cooperative sociali del territorio promosso da Comune di Reggio Emilia e Laboratorio Aperto, condotto da AICCON – Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit.
Abbiamo intervistato Andrea Baldazzini, ricercatore presso AICCON che si occupa di imprenditoria sociale, innovazione e trasformazioni dei sistemi di welfare territoriale, che ha accompagnato i protagonisti e le protagoniste durante tutto il loro percorso.
Ciao Andrea, la prima domanda riguarda l’importanza dell’intraprendenza. Perché è importante lavorare su questo tema con le associazioni?
“Nella maggior parte dei casi i percorsi che intendono stimolare la maturazione di approcci maggiormente imprenditoriali tra le realtà organizzative impegnate nella realizzazione di attività di interesse generale, scelgono di partire da approfondimenti su temi di carattere tecnico come i business model, gli assetti di governance o le forme di leadership, dimenticandosi che ogni forma di intraprendenza nasce dalla combinazione di motivazioni intrinseche, aspirazioni e significati che precedono qualunque aspetto organizzativo o di creazione del valore.
Le associazioni rappresentano infatti una tipologia di realtà che per natura sono intraprendenti, cioè intenzionate ad agire un cambiamento attraverso l’attivazione di scambi mutualistici volti al miglioramento della comunità.
Guardando però al contesto attuale esse necessitano di un duplice stimolo: da un lato prendere piena consapevolezza di cosa significhi essere un’organizzazione intraprendente, superando soprattutto le false e anacronistiche divisioni che vedevano la dimensione sociale e culturale come contrapposte alle dimensione economica e imprenditoriale, quando invece solo dalla convergenza di entrambe è possibile oggi attivare azioni e progettualità sostenibili e impattanti. Dall’altro lato imparare a riconoscere il reale valore generato dalle attività che le proprie associazioni realizzano, e riuscire a comunicarlo all’esterno.”
Come ha influito il ruolo del Laboratorio Aperto, inteso come spazio di innovazione sociale, rispetto all’obiettivo del percorso?
“Il Laboratorio Aperto ha svolto un ruolo centrale per almeno due differenti ragioni: la prima è l’aver allestito un contesto che ha permesso l’incontro tra realtà associative differenti sia per settori di attività in cui operano, sia per forma giuridica e permettendo così momenti di confronto in una logica tra “peer”.
La seconda è il continuare a svolgere un ruolo di intermediazione tra la pubblica amministrazione e il tessuto comunitario offrendosi come punto di riferimento inclusivo anche per quelle piccole realtà associative che operano a livello di quartiere.
È infatti decisivo lavorare per consolidare anche le forme di micro-mutualismo e di micro-economie locali.”
Quali sono stati i temi rilevanti che le associazioni hanno riportato alla fine del percorso?
“Le osservazioni espresse dai partecipanti, sia in termini di bisogni che di volontà di approfondimento, sono stati davvero numerosi.
Tra i più significativi pensiamo sia utile sottolineare la rilevanza manifestata dal confronto con altre esperienze di realtà associative operanti fuori dal contesto reggiano, a dimostrazione di quanto sia efficace l’apprendimento che parte da casi concreti che si prestano al dialogo e alla messa in discussione.
Un secondo tema delle notevoli potenzialità è quello legato al bisogno di maggiore scambio tra le realtà appartenenti specificatamente al mondo dell’associazionismo operante in ambito sociale e culturale con le realtà della cooperazione sociale. Da questi scambi si sono intraviste infatti possibilità concrete di reciproco sviluppo e maggiore vicinanza alle comunità.
Infine è emerso in diversi incontri anche il bisogno costante di aggiornare le proprie competenze e acquisire nuovi strumenti per rispondere alla crescente complessità che caratterizza il lavoro sul territorio. La conoscenza è chiaramente percepita come una delle risorse decisive per la buona riuscita le progettualità che si intendono realizzare.”
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